1° classificato
Marco Galvagni
Il silenzio acuto del mattino
Ho annodato
a ciottoli levigati
il fluire dei miei ricordi.
Forse era l’aurora cremisi
che si specchiava nei solchi
delle rare onde,
forse la magia
del silenzio acuto del mattino.
Forse la quiete infinita
ed il confluire d’umane speranze
tipici d’ogni alba
in qualunque angolo del mondo.
Forse un po’ di tutto ciò
mischiato all’amore per la vita:
e noi in simbiotica armonia
su questi greti ci trovavamo,
padre,
ed era l’acuto silenzio
delle nostre illusioni,
la genesi
delle nostre buone intenzioni.
Era la folgorante attesa
d’un alito di luce
a farci muovere,
padre,
laddove ormai sono avanzate
poche manciate di rena
e l’acqua ha reso canute
persino le amiche conchiglie.
2° classificata
Maria Rosa Bertellini
Voci del presente
A lenti passi incedi
lungo il viale
scambiando confidenze
con le amiche.
I figli se ne vanno
e ti rimane l’eco
di giochi e cantilene
dopo l’ultima fiaba.
Dalle pareti
parlano i ritratti
di peschi in fiore
e di caviglie snelle
che corrono
sull’argine del fiume
fino all’abetaia
odorosa di resina.
Silenziosa è la casa,
vuoto il cortile.
Ancora tessi il presente
nei punti a maglia
che riportano suoni
di ninne nanne.
Poi entrano le voci
di figli e di nipoti
e la casa risuona
come una conchiglia.
Tu intrecci mani stanche
e reciti preghiere
nell’ultimo bagliore
della sera.
3° classificato
Giacomo Giannone
È tempo di riposare
Ora ritornerò
percorrerò le antiche strade
odorose d’origano e di menta
sentieri rituali
non nobilitati da passaggi
d’uomini famosi,
calpesterò le trazzere
di polvere e d’acquitrino,
la viottola dell’agave
e del biancospino
il tratturo della ferula
e delle giummare,
e seguirò la scia delle serpi
e delle chiocciole
fra le stoppie della “‘disa”
e della “jina,”
salirò su muri di tufo
e inseguirò delle capre
il belato,
mi fermerò allora
all’ombra del fico e dell’azzeruolo
e non vorrò più partire.
Ora è tempo di riposare
seduti sulla pietra di mira
della casamatta diroccata,
è tempo di contare i giorni
passati e quelli rimasti
inchiodati nel silenzio
della mente
che vagola e scintilla,
smarrita ormai l’Orsa
di riferimento.
4° classificato
Francesco Sassetto
A mia madre
per il suo 75° compleanno
Sono ancora di sole i tuoi occhi
nelle foto di ventenne maestrina,
i tuoi occhi regalati ai bambini
della campagna di tanti anni fa,
alle piccole mani incerte
a segnare parole sulla grande lavagna.
A me pure bambino hai spiegato
le belle parole che sanno dire le cose
e la carezza e il sorriso
per quelle che non si possono dire.
E ancora adesso quand’esco ormai
uomo nell’alba d’inverno tu guardi
che sia bene coperto e mi dici il cappello
e l’ombrello, se piove.
Ti porterò, madre, fino all’ultimo ponte
che dovrai fare da sola
con più paura nelle tue gambe tremanti,
quel ponte che senza premura attende
là in fondo, incrostato
di ruggine antica, bagnato
di nostalgia, che ha visto
mille volti smarriti andar via
e non fare ritorno.
Vorrei sì, vorrei solo saperti un giorno
in qualche posto sereno, ma chissà
che sarà dei miei passi, delle tue mani
segnate, se a te almeno
sarà dato infine d’alzarti ad un nuovo
più lieve volo
per l’amore che che qui ti è mancato,
per le lacrime che qui hai pagato.
5° classificato
Federico Nardi
Briciole
Fluisce
In cerci concentrici
L’acqua
La pioggia
Ribolle per strada
M’avvento
Sui passi per casa
Qui nel silenzio
Che tace
Ascolto lo scroscio
Pulsare
È melodia che culla!
Rivedo
Nel dormiveglia
Quei mulinelli da strada
Dentro ogni cerchio
Un pensiero:
briciole!
Acuti maldestri
Non saziano
‘sto spirito libero – d’artista mancato – Briciole non possono
Placarmi la fame!
6° classificato
Claudio Capponi
Palestina
Non disperdete il vostro sangue umano
o figli d’una terra martoriata
che da millenni non conosce pace,
ove chiese, moschee e sinagoghe
diffondono terribili menzogne.
Il vostro grido disperato e rauco
riecheggia sulla sabbia insanguinata,
e giunge fioco a un mondo che impotente
osserva attonito l’immane scempio.
Quanto distanti appaiono le stragi,
prodotti ignobili di fanatismi
oscuri e incomprensibili, bestiali
miti d’un mondo buio ed arretrato.
Non s’abbian più gl’iniqui sacrifici
per guadagnare paradisi arcani:
non v‘è a morir per una patria assurda,
non più confini tra gli uomini vivi:
che un vento amico spiri dal deserto
accomunando le nostre bandiere.
7° classificato
Carlo Carrea
Lasciai che fosse
Non so se ho vinto o se ho perduto
ma non ho indossato armi
né mai calcato i fumanti tornei
che aridi costellano la terra.
Di tutte le parole che ho ascoltato
non più d’un pugno è vivo
e il resto abbandonata spenta
cenere nemmeno per concime adatta.
È mancata la fede intima profonda
per cui infiamma il sangue il grido
e trascina inarrestabile alla meta:
sempre per poco ne sentii mia alcuna.
Non per timore delle conseguenze
ho ritirato la mia candidatura
forse fu accidia ozio fu superbia
che mi tennero lontano dalla riva.
Solo una volta ho rotto ogni freno
scosso noia ritrosia malinconia
dai comodi giacigli di velluto
e sceso in campo con l’anima mia nuda.
Ho lasciato che tutto fosse ma non quello
per cui unico forte m’ha tremato il cuore
preso dall’incontenibile dolcezza
che trasformò gli istanti in una vita:
soltanto allora io attraversai me stesso.
8° classificato
Fabio Massimo Amoroso
Fredda bruma
La tristezza comincia dagli occhi
e si insinua strisciante in tutto il corpo.
Percorre i nervi uno per uno
arrivando su fino al cervello
e giù fino al cuore.
Grigia come un grigio muro avvolto dalla nebbia,
umida come la pioggia fine che penetra nelle ossa.
Dapprima solo una sensazione,
poi sempre più opprimente.
Si appoggia sul tuo petto mentre dormi
e inesorabile lo schiaccia levandoti il respiro.
È un sentiero viscido e fangoso
del quale non si vede fine.
È un cane a tre zampe
che arranca dietro al suo padrone.
È il dubbio di non sapere,
è il sapere di non potere,
è il desiderio che non si esaudisce.
Le braccia pesanti,
la testa ciondolante,
lo sguardo basso,
gli occhi spenti,
il giorno troppo lungo.
Nella stanza, una candela dalla luce fioca
proietta la tua ombra traballante.
Seduto sulla sedia impagliata
il tuo sguardo si perde per ore sulla parete, inseguendola.
Forse, quando l’ultima cera si sarà consumata
e dalla finestra filtrerà un raggio di sole,
la fredda bruma dell’animo tuo comincerà a dissolversi.
9° classificata
Mirna Moretti
Un’improvvisa capriola del cuore
Il vento di un giugno piovoso,
aspro solleva rottami ricordi
che come cupe foglie di nubi
frenano le capriole del cuore.
Sento pietre rotolare
in profondi pertugi e
salire una tagliente ansia
di abbracci di madre giovane e bionda.
Ritorna accanto al viso
la carezza di ciliegie e
di azzurre mattinate estive
quando lontana
rimbalzava bianca
la voce della nonna
tra le viole.
La vita è ora una tempesta
che aggroviglia gli aquiloni
di una infanzia logorata
e che ci scova trepidanti,
abbracciati come naufraghi
in questo tratto di strada
che scivolando ci consuma.
È arduo navigare
sulla lenta barca del tempo;
vorrei cancellare l’ultimo scalo
e ritrovarmi più lontano
in un’ombra attenta
di ronzii e di meraviglie,
come Alice nel paese
delle magiche promesse.
10° classificato
Paolo Monguzzi
Vecchio…
Vecchio,
la paura più grande,
il sentor d’esser altro
ch’io non voglio.
Vecchio,
paura del tempo,
timor di solitudine
che solo il mortal sospiro toglie.
Vecchio,
sorriso effimero,
paura d’esser ricordato
e di non avere ricordi.